La cripta

Un capolavoro nel capolavoro

La cripta della cattedrale è un altro gioiello di Otranto. Il suo pregevole valore storico e artistico induce a considerarla un capolavoro nel capolavoro.

Certamente antecedente al secolo XI, la cripta ricorda, in miniatura, la celebre cisterna Yerebatan della basilica di Costantinopoli.

L’ambiente si estende sotto l’abside e per tutta l’ampiezza del transetto della basilica superiore, alle cui navate laterali si raccorda mediante ampie scalinate.

Differentemente dalle classiche cripte, completamente interrate e prive di luce diretta, quella idruntina si erge ad oltre un metro di altezza dal piano stradale ed è illuminata direttamente da cinque finestre.

Presenta, inoltre, una porta di accesso esterno, aperta per necessità liturgiche, con autorizzazione della Soprintendenza, nel 1987, quando si avviarono i restauri del mosaico in cattedrale.

La struttura

Alla riscoperta di campate, colonne e affreschi

La cripta si caratterizza per le quarantotto campate voltate a crociera, sostenute da quarantadue colonne monolitiche in marmo grezzo o levigato di varie dimensioni e qualità, probabilmente recuperate da antichi edifici del territorio.

Le colonne sono disposte su quattro file e altre ventitré semi-colonne sono addossate alle pareti perimetrali a sostegno delle suddette campate.

Desta attenzione la differenza figurativa dei capitelli, tutti di grande pregio artistico. È possibile collocare cronologicamente queste opere dal tardoantico al primo romanico.

La varietà iconografica spazia da simboli cristiani (croci), a elementi vegetali (foglie di acanto, racemi vegetali, palmette), a figure antropomorfe, animali (uccelli, leoni, aquile) e mostri (arpie).

Anche i fusti delle colonne si differenziano per stile e qualità dei marmi.

La diversità di colonne e l’eccezionale combinazione dei capitelli che le contraddistinguono non sono casuali, ma deliberatamente volute.

Lo stile corinzio, quello ionico, asiatico, egiziano, islamico, libanese, bizantino, persiano ecc. avrebbero permesso al pellegrino forestiero di ritrovare in Otranto la propria cultura, riconoscendosi nello stile a lui più familiare: non si sarebbe sentito straniero in terra altrui, bensì a casa.

Si segnalano:
– il capitello islamico, ritenuto uno dei capitelli più belli della cripta; è decorato con mezze figure di leone, poste sugli spigoli e intervallate da una palmetta pendula allungata.
– il capitello tardo-antico, con cavalli e telamoni.
– il capitello bizantino, con occhio del veggente e quattro aquile.
– il capitello persiano con aquilette addossate a due a due su ogni lato, confluenti in una sola testa agli spigoli del capitello.
– il capitello egiziano con occhio del veggente, del sec.VI-VII.

Anche le pareti della cripta, come quelle della cattedrale, anticamente, dovevano essere ricche di affreschi.

Possiamo solo immaginare come potesse apparire questo ambiente ipogeo completamente decorato nelle pareti.

I dipinti murali furono distrutti dagli Ottomani quando, nel 1480, posero sotto assedio la città idruntina e trasformarono la cattedrale in moschea. Distrussero, per questo motivo, ogni raffigurazione, risparmiando solo l’affresco nell’abside centrale raffigurante la Madonna Odigitria (sec. XI) e il Cristo Maestro (sec. XIII), di scuola italo-greca, importante anello di congiunzione fra arte bizantina, dominante in questa terra, e quella italica.

Andarono coperti o distrutti, invece, gli affreschi raffiguranti santi locali, di cui restano solo pochi esemplari, quali San Nicola, nell’abside di sinistra, la Natività, Sant’Antonio e San Francesco, ammirabili lungo la parete di ingresso.