Simbologia
Racconto della Sapienza e dell’Amore di Dio
La lettura del mosaico prende avvio cominciando dall’alto, proprio come si legge un testo. La prima pagina di questo singolare “libro di pietra” è raccontata nel coro, zona destinata ai chierici. Nella distesa musiva di presbiterio e abside, Pantaleone racconta la Sapienza e l’Amore di Dio: compone la musica migliore, proprio come in uno spartito musicale, e fornisce la chiave del pentagramma per leggere le melodiose note.
Il coro è la zona più sacra della Cattedrale: vi è l’Omphalos, punto vitale dell’edificio, che è luogo di Incarnazione, dove Cielo e Terra si uniscono nel Verbo.
L’Omphalos della cattedrale è al centro dei 16 clipei, dove Pantaleone raffigura un asino rampante con la lira, soggetto iconografico che ricorda la mitica figura di Orfeo: il talentuoso suonatore, che, con la sua cetra e la sua dolce melodia, incantava gli animali e ammansiva anche le bestie feroci. Il mito classico ci ricorda che il giovane cantore scese nel mondo degli Inferi per riportare nel mondo dei vivi la sua amata Euridice.L’asino, animale da soma, mansueto e paziente, che costituisce un frequente soggetto iconografico nell’arte medievale, è emblema di Cristo, le cui melodie sono capaci di toccare i cuori di tutti, riportandoli in vita.
Nei sedici medaglioni circolari del presbiterio, uomini, animali e creature di Dio vivono nell’armonia, simboleggiata dalla musica. L’equilibrio e la concordia di cui godevano Adamo ed Eva nel Paradiso terrestre, dove tutte le creature di Dio vivevano nella Natura, sono interrotti con la loro disubbidienza.
Con la cacciata dall’Eden, l’originaria perfezione e l’amicizia con Dio si spezzano.
L’uomo, caduto nel mondo, inizia a misurarsi con il tempo, diverso da quello eterno del Paradiso terrestre, e sperimenta la fatica e la difficoltà, per tornare all’armonia e alla perfezione perdute. E così l’Uomo viene rappresentato nella distesa musiva della navata centrale, nel difficile tentativo di risalire il maestoso albero, metafora della vita.
Il ciclo di Adamo ed Eva funge da importante cerniera tra le narrazioni del presbiterio e navata, dove i contenuti misterici e sapienziali del coro lasciano il posto al racconto affidato alla distesa musiva della stessa.
Il piccolo albero, che collega in modo singolare i due medaglioni centrali in cui sono inserite le figure dei progenitori e su cui si avviluppa il serpente tentatore, congiunge le narrazioni delle due zone.
Letto dal santuario verso la navata, esso è l’Albero del Peccato, l’Albero della Conoscenza del Bene e del Male da cui Adamo ed Eva mangiarono il frutto proibito, ascoltando il maligno che nelle sembianze di un serpente li tenta.
Letto dalla navata verso il santuario, il piccolo alberello, al contrario, è Albero di Vita e di Salvezza: «E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo» (Gv. 3,14).
Procedendo dalla chioma, lungo il tronco, la narrazione racconta le prime vicende dell’Umanità: Adamo ed Eva sono raffigurati mentre vengono cacciati dall’Eden, le cui porte si chiudono alle loro spalle, perché hanno peccato di superbia e di orgoglio nei confronti di Dio.La difficoltà della vita terrestre dopo il peccato originale è evidenziata, dunque, dall’aspetto del grande Albero che, nella parte inferiore della navata, impagina scene di lotta con rami scarsamente rigogliosi di vegetazione e per lo più rinsecchiti.In questa distesa musiva, si racconta la condizione umana sulla terra, in costante ricerca della Verità e del senso della vita.Anche gli episodi della biblica Costruzione della torre di Babele o la leggenda del Volo di Alessandro Magno sono, per il fedele che entra in Cattedrale, un esplicito monito ad allontanarsi dall’orgoglio e dall’egoismo che affaticano il cammino. Il messaggio di Pantaleone è chiaro: non si ascende al Cielo attraverso la superbia e l’orgoglio, ma solo grazie alla Fede, all’Umiltà e al Lavoro, valori a cui rimandano gli episodi biblici di Noè ed il Ciclo dei Mesi, impaginati nella parte superiore dell’Albero, dove la pianta diventa vistosamente vitale e rigogliosa.
Nel Ciclo Noachico, Noè, uomo giusto, riuscì a salvarsi dal diluvio universale seguendo le direttive divine nella prospettiva di una rinnovata Alleanza: costruì un’imbarcazione salvifica per sé, per la sua famiglia e ogni coppia di specie vivente.
Il tema del lavoro, come strumento di Salvezza e di Redenzione, è ripreso anche nei dodici tondi figurati del Calendario, dove i segni dello Zodiaco affiancano uomini e donne impegnati nei diversi lavori agricoli e stagionali, nel rispetto della ciclicità della Natura e del Tempo.
L’uomo, che nei Mesi vive secondo la Sapienza di Dio, partecipa di quanto, più in alto, viene narrato nel “santuario” (presbiterio e abside).
Nella vita l’uomo può, allora, raggiungere un equilibrio, anche se diverso da quella concordia naturale in cui viveva nell’Eden prima del peccato originale, e che viene raffigurata nei sedici medaglioni, dove il creato vive nell’armonia e nell’equilibrio.
L’homo viator, pellegrino su questa terra, può, dunque, solo prendere atto dell’impossibilità di arrivare in cima all’Albero, se animato da superbia ed orgoglio, vizi e peccati di cui sono significative allegorie le diverse storie e figure impaginate lungo il tronco inferiore del grande Albero.
La vittoria delle forze del Bene su quelle del Male viene ripresa nell’abside, dove la Resurrezione di Cristo e la funzione salvifica della Chiesa è declinata nelle figure bibliche del profeta Giona e di Sansone, che, superando la propria parte umana, sono prefigurazioni di Cristo e della Pasqua.
La Storia della Salvezza continua nei mosaici del transetto, proposta ancora una volta con degli alberi, di dimensioni inferiori.
A sinistra, Pantaleone presenta al fedele l’estremo esito della propria battaglia in vita, tra salvezza (Paradiso) e peccato (Inferno).
Allo stesso modo, l’albero raffigurato nel transetto destro concorre alla narrazione polifonica della grande Storia della Salvezza, con la vittoria del Leone di Giuda, il Cristo, che sconfigge il male.